Note sparse sugli spazi di comunicazione in rete

Posted on 17 dicembre 2007

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La realtà non è mai immediata, prende sempre forma attraverso varie e complesse mediazioni. La specie umana, nella sua propensione adattiva, inventa (scopre/crea) aree di negoziazione simbolica (simbolo viene dal greco “syn” “insieme” e “ballein” mettere), mondi di transizione, luoghi di “quasi simbiosi” tra io e realtà, in cui prendono forma le chiavi di lettura che danno senso alle cose.

A. Calvani, Manuale di tecnologie dell’educazione, Edizioni ETS, Pisa 1995, p.64

Quando emergono nuove forme di negoziazione simbolica ad un ritmo così accelerato quale è quello postmoderno, si crea spesso un corollario di interpretazioni del cambiamento, tra cui – puntualmente – viene decretata la morte (certa o altamente probabile) del “vecchio” a favore del “nuovo”.

Chi non ha mai sentito parlare della morte del libro?

Già verso la fine del XIX secolo, però,

si fece sempre più chiaro ai pionieri delle scienze sociali che i nuovi mass media […] rappresentavano una nuova forma di comunicazione che influenzava non soltanto i modelli di interazione nelle comunità e nella società, ma anche gli stessi profili psicologici degli individui.

M. L. DeFleur – S. J. Ball-Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, il Mulino, Bologna 1995, p.37

Da questo punto di vista, interrogarsi sulla possibilità di coesistenza di forum e blog o sul rischio di cannibalizzazione dei blog da parte dei siti di social networking come Linkedin o Facebox, significa anche (o soprattutto?) interrogarsi sul significato che, per il singolo, hanno questi “mondi di transizione”, sul loro potere di attrarre o respingere l’individuo, di indurlo a compiere una certa azione o di astenersene…

Non è un caso che, alla domanda “Perché non commenti mai chi leggi?“, simo abbia risposto

Perché non mi piace il sistema dei commenti. Lo trovo incasinato e poco fruibile, sono abituato ai forum dove è tutto più in ordine.

La percezione del forum come qualcosa di “più ordinato” sembra confermare una visione dello strumento comunicativo come ambiente percettivo in grado di esercitare una forza di attrazione/repulsione sull’individuo che vi entra in contatto.

E’ importante ciò che vedo sullo schermo, la forma con cui si modella la comunicazione, diramandosi gerarchicamente a partire da gemme tematiche o intrecciandosi all’infinito in una rete senza confini.

Se lo spazio della comunicazione in rete è

uno spazio in cui la prossimità è data dalla relazione dialogica con l’altro all’interno di una zona che è parte sia di sé, sia dell’altro,

probabilmente ciò che distingue – nella percezione individuale – un forum (ma anche un social network “formale”) da un blog personale deriva anche dalle possibilità percepite di “appropriazione” di parte di questo spazio…

Se Garrison e Anderson [citati da Maria Ranieri in Per una fenomenologia dell’apprendimento in rete] definiscono la presenza sociale in rete come

l’abilità dei partecipanti di una comunità virtuale di proiettare un’immagine sociale ed emotiva del proprio io attraverso la tecnologia adottata

non per questo va trascurato il fatto che, secondo me, anche la percezione dell’esistenza di un”confine”, la sensazione di trovarsi all’interno di “qualcosa” (per quanto ampio ed espandibile) esercita una funzione psicologica di “contenimento” cognitivo ed emotivo, che influenza il senso di appartenenza alla comunità del soggetto.

Sono poi le aspirazioni, i bisogni e il bagaglio esperenziale di quest’ultimo a fargli decidere se i confini sono quelli del mondo o se sia preferibile ripiegare su quelli del proprio “condominio”…

Come Stefano quando cita il commento di Tommaso, anch’io non credo,che

se il bisogno sarà quello di comunicare, conoscere ed interagire con altre persone [sarà] più facile affidarsi ad una community già esistente, piuttosto che lottare per trovare un po’ di luce”…

Come ho scritto a proposito dell’opzione exit/voice proposta da Hirschmann,

gli uomini fanno scelte che talvolta non portano loro alcuna utilità o che possono addirittura danneggiarli solo perché rispondono ad un ideale. Oppure, se qualcosa non funziona, possono decidere di utilizzare l’opzione voice per cercare di cambiare le cose che non vanno invece di abbandonarle a se stesse.

E un blog serve anche a questo.

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