L’ho fatto. Di nuovo. Come ogni mattina. Ho letto i giornali. Ma non mi è bastato. Ho letto anche un paio di rassegne dedicate alla scuola. Perché continuo? Non sarebbe stato meglio aprire il mio file e continuare a scrivere di didattica, tecnologie e dispositivi pedagogici? Sì, lo sarebbe stato ma non avrebbe cambiato le cose. Dunque, un breve sunto che poi mi metto a lavorare.
Mentre il PD faceva compromessi (a proposito, complimenti! Dio ve ne renderà merito!) con la Lega per fare l’occhiolino agli sceriffi e vice-sceriffi (sindaci e non), democratici o pseudotali che inseguono il bacino elettorale dei verde-vestiti, il macello si andava compiendo.
I bene informati sapevano già della strage sociale che nelle stanze degli smiley ci si apprestava a varare ma oggi è lì, a lettere cubitali, su tutti i giornali:
37.000 cattedre in meno
di cui 50% nel Sud
E subito lì la Bastico a stracciarsi le vesti e ad “insorgere” a nome del PD ad ulteriore difesa della scuola (del Nord)
«Questi non sono tagli, è una devastazione inattuabile – afferma Mariangela Bastico, viceministro all´Istruzione con Fioroni e responsabile scuola del Pd – chiediamo al governo di fermarsi perché i parametri scelti per decidere i tagli sono oscuri e non è vero che massacrano solo le Regioni del Sud. Tutto è stato deciso a Roma senza un confronto con le Regioni, un metodo incoerente con il tanto sbandierato federalismo del governo».
Infatti. Che se ci si mettevano anche la Bastico e gli amici suoi (a cui consiglio la lettura e il confronto di queste percentuali prima di parlare), magari qui le chiudevamo subito tutte le scuole, con i bambini a lavorare nelle campagne e un po’ di campi di concentramento in montagna dove internare docenti e dirigenti meridionali, in maniera che non scappino e servano (nei modi e nelle forme padane adeguate) il federalismo scolastico nel migliore dei modi possibili.
Perché delle due, l’una: o si deportano gli insegnanti meridionali costringendoli a rimanere al nord in maniera da sopperire alla cronica mancanza di “lavoratori della conoscenza” in questa zona del Paese (perché non sperimentare il braccialetto elettronico?), o si mandano in giro un po’ di ronde per stanare – casa per casa – i nativi laureati per costringerli a fare il concorso (tanto la residenza è divenuto criterio preferenziale nei concorsi pubblici).
Ma torniamo a chi toglie a chi ha di meno per salvaguardare il più possibile chi ha di più (un tempo qualcuno parlava di fare parti uguali tra disuguali ma ora non ci si limita più a questo perché l’impunità – anche morale – è garantita).
Mi limiterò a far spiegare la situazione a Salvo Intravaia:
Ed è il Sud che, soprattutto nella scuola primaria, viene penalizzato due volte: per la mancanza di servizi e per i posti che perde. Il tutto a prescindere dal calo degli alunni, che pure c’è.
Ma andiamo con ordine. Più di metà degli oltre 37 mila posti che svaniranno dal prossimo settembre verranno tagliati nelle regioni meridionali. Il dato diventa imbarazzante nella scuola elementare, dove due cattedre su tre salteranno proprio al Sud. Da mesi i sindacati parlavano di accanimento verso la scuola nel Sud.
Il taglio all’organico nella scuola primaria, che incide per quasi un terzo del taglio complessivo, colpirà soprattutto il cosiddetto tempo normale: le 24, 27 e 30 ore settimanali. Il tempo pieno di 40 ore viene risparmiato. A pagarne le conseguenze saranno quindi le realtà del Paese dove le lezioni pomeridiane alle elementari sono una specie di miraggio. Gli addetti ai lavori sapevano già che le classi di scuola elementare a tempo pieno al Sud sono soltanto otto su 100 mentre al Nord sono il 36 per cento. Stornare dai tagli le classi a tempo normale sarebbe equivalso a penalizzare le regioni del Sud. Ed è proprio quello che è avvenuto.
Dunque, in parole povere, dall’anno prossimo i bambini del Sud saranno costretti ad andare a scuola di meno per garantire a quelli del Nord (o al maggior numero possibile di loro) frequentare il tempo pieno. di stare a scuola 40 ore a settimana.
Il federalismo solidale si impara fin da piccoli.
Asterione
25 marzo 2009
Maria Grazia, sono Asterione dal computer dell’Università!
Dunque, ora non ho (purtroppo) il tempo per elaborare un commento articolato al post, comunque concordo con te (credo) nel ritenere i tagli alle scuole del Sud ingiustificati e ingiustificabili. Casomai, invece che tagliare sarebbe il caso di potenziare…
Più in generale, non so come la pensi tu, ma personalmente l’idea del federalismo non mi fa storcere il naso, però una cosa è certa: mi può piacere un federalismo fatto come si deve, alla tedesca per intendersi, non il federalismo fatto con i piedi della Lega.
Un saluto
Asterione
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
25 marzo 2009
Qui il problema non è il federalismo di cui tutti si riempiono la bocca. Mi spieghi che cavolo significa accordarsi con la Lega per poi astenersi? Allora vuol dire che è un qualcosa che non vuoi/puoi votare! Dunque, già questo puzza di marcio lontano un miglio, soprattutto nel momento in cui Bossi – qualche giorno fa – aveva detto che puntava sull’astensione del PD. E se lui è contento io non posso esserlo.
Impoverire ulteriormente i servizi basilari delle regioni meridionali, significa preparare il terreno perché abbiano la peggio quando si tratterà di metterlo in piedi “il federalismo”.
Abbiamo un governo che ci sta trascinando nel più becero e marcio degli individualismi. La comunità non esiste più. Tutti uno contro l’altro, in nome del singolo interesse. Si sta scavando nel peggio del peggio del popolo bue. E la cosiddetta opposizione, si adegua contenta.
E tra un po’ cominceranno a scendere trionfanti per la solita campagna acquisti, artatamente preparata dal “piano casa”.
Lo vuoi sapere quanto costa il voto di un pensionato? Il buono per una damigiana di vino o di olio. Se sei uno studente universitario, puoi puntare su qualcosa di griffato. Nei quartieri “a rischio” (chissà come mai…), possono giungere anche le lavatrici nelle case. Ah! Dimenticavo! Dopo avere fotografato il voto, poi il cellulare resta a te.
PS ovviamente la mia veemenza non è indirizzata a te, ma questa ignominia della diminuzione delle ore di scuola alle elementari, per chi ha lavorato nei quartieri a rischio, dove ci vorrebbe il tempo pieno per toglierceli i bambini dalla strada… ti fa una rabbia da lacrime agli occhi!
"Mi piace""Mi piace"
asterione88
25 marzo 2009
No no ma infatti ti ripeto che sono d’accordo con te sull’oggetto del post, hai pienamente ragione.
Forse non era chiaro dal commento, che ho scritto in fretta, ma io NON sono d’accordo con il federalismo così come vuole farlo la Lega; POTREI essere d’accordo con un federalismo realizzato in maniera più seria – e io qui ho la fissa del modello tedesco, secondo me un esempio di federalismo intelligente.
Per quanto riguarda quel che hai scritto, sono ultrad’accordo – e anzi, come avevo detto, invece di tagliare bisognerebbe potenziare!
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
25 marzo 2009
Sì Asterione ma i modelli politici (così come quelli scolastici) non nascono dal nulla. Hanno una storia dietro di loro. Affondano le loro radici nel processo di formazione di una comunità e per questo non sono facilmente esportabili ed adattabili altrove.
Ritornare al granducato di Toscana e al regno delle Due Sicilie, non ci aiuterebbe molto. Dobbiamo decentrare le competenze? Alleggerire l’apparato
burocratico? Snellire l’amministrazione? Pagare le tasse in misura proporzionale ai servizi ottenuti? Facciamolo ma con una vision, come dicono i guru dell’organizzazione, sapendo dove stiamo andando. E qui stiamo andando semplicemente a schiantarci. Tutti in blocco.
Le province non si toccano perché la Lega non vuole e crescono invece di diminuire. Del resto non sono altro che centri di potere e di spartizione delle poltrone. Si ergono “steccati” normativi impensabili con il risultato di impedire lo spostamento di uomini e risorse nei luoghi dove più servono, con la scusa che “ci vengono a rubare il lavoro”, trascurando però che si tratta sempre di lavori che i residenti non vogliono fare.
In questo tempo di crisi si stanno allegramente saccheggiando i FAS (che dovrebbero servire a cose essenziali per le aree sottosviluppate) con un cinismo che niente di buono fa presagire per il futuro quadro federalista. Per la serie: tanto chissenefrega che sono soldi destinati al sud! Però si mette mano al ponte che servirà a far mangiare la mafia e i suoi amici per un bel po’.
Questo è il “federalismo” di cui ho paura. Ed è l’unico che ci si può aspettare in questo clima da farwest. Nessuno ha interesse a fare un federalismo vero. Men che meno i padroni del momento.
Però non siamo più nel XIX secolo. Se il sud va giù si porterà nel tunnel anche l’altro pezzo d’Italia a cui è attaccato. Se non si capisce questo…
"Mi piace""Mi piace"
tarantilla
25 marzo 2009
Leggendo le riflessioni di Maria Grazia, di cui condivido appieno rabbia e amarezza, essendo peraltro anch’io insegnante e meridionale, mi viene in mente la recente pubblicità di Trenitalia, dedicata all’alta velocità. Lo slogan era ” Fa crescere il Paese”, mentre veniva mostrata l’Italia da Roma in su.
In fatto di politica non sono competente quanto Maria Grazia, ma l’impressione è che il federalismo serva a scrollarsi di doso un Sud che , dopo essere stato terreno di conquista per gli imprenditori del Nord durante gli anni ’60, viene considerato come un pesante fardello di cui liberarsi.
"Mi piace""Mi piace"
tarantilla
25 marzo 2009
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
25 marzo 2009
E sì. L’alta velocità da Roma in su e il binario unico da Roma in giù!
"Mi piace""Mi piace"
asterione88
26 marzo 2009
Anche io ho paura del federalismo di cui parli – cioè, più che paura, fa ridere. Come hai detto tu, non lascia presagire niente di buono. In ogni caso, non bisogna lasciar affondare il Sud non perché rischia di portarsi giù anche il Nord, ma perché non va bene lasciarlo affondare, punto e basta!!!
Riguardo all’importare il federalismo, hai ragione nel dire che non è così facile importare un sistema amministrativo-burocratico evolutosi in una certa realtà, in un paese come il nostro che ha avuto uno sviluppo diverso; però senz’altro ci sono delle buone idee, da cui possiamo prendere esempio, no?
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
26 marzo 2009
E ci vuole anche un po’ di buona volontà 😀
"Mi piace""Mi piace"
Daniela
26 marzo 2009
Cara Maria Grazia,
come al solito i tuoi post forniscono così tanti spunti di riflessione, che è difficile commentarli in modo adeguato. Ti scrivo a ruota libera e spero di non essere troppo confusa e disordinata.
Ciò che ha investito la scuola (non riesco ad usare la parola “riforma” , perchè non ci vedo nessuna intenzionalità metodologica o assimilabile), ferisce profondamente chi ha investito ed investe tanto in questa professione.
E’ evidente che nella scuola ci siano problemi, inefficienze , incapacità di leggere i segni dei tempi e il cambiamento dei bambini : il percorso di studio che stiamo facendo insieme , ci rende ancor più consapevoli di ciò.
Ma ciò che ci viene proposto non solo non risolve, ma non ha nessun nesso con il problema di migliorare la qualità dell’apprendimento/insegnamento.
Se penso alla fatica che spesso facciamo per correggere qualcosa nelle nostra pratica didattica, a stabilire “connessioni” all’interno delle nostre scuole , a riorientare la nostra azione, cercando di immaginare il futuro dei nostri bambini, come posso non arrabbiarmi quando mi spingono indietro di decenni.
Noi siamo qui a ragionare di integrazione dei linguaggi e intanto sceglieremo libri che vincoleranno le nostre scuole per anni.
Per questo capisco la passione con cui parli. Ma credo che non si debba cedere alla tentazione del facile “tolgono al sud per dare al nord” : tolgono ai bambini . Punto e basta.
Nella mia ingenuità ho sempre pensato che non siamo un Paese così istruito da poterci accontentare di un tempo scuola di 24 ore, nè così ricco da poter offrire a tutti i bambini un extrascuola vario e valido.
Sento dire che il Tempo Pieno è stato un éscamotage per assumere più personale di quanto fosse necessario , ma mia madre mi raccontava che nella Torino degli anni ’70 , i genitori erano in coda davanti alle scuole dalle quattro del mattino per avere un posto in quelle classi.
Nella mia ingenuità avrei pensato che soprattutto nelle zone dove lo svantaggio economico, diventa anche culturale, si dovesse garantire una presenza educativa più massiccia. Pensavo che la richiesta delle famiglie sarebbe stata così pressante, da obbligare le amministrazioni a tenerne conto. Invece …
Come dici tu, i modelli politici ed educativi “affondano le loro radici nel processo di formazione di una comunità e per questo non sono facilmente esportabili ed adattabili altrove”.
Credo che il federalismo di cui parla Asterione, sia quello che calibra gli interventi in base alla specificità del territorio , responsabilizzando amministratori e cittadini . Ma in questo momento mi sembra molto lontano. Forse saranno le nostre radici latine: siamo più “clientes” che cittadini e ciò mi rattrista.
Ma c’è un altro aspetto su cui il tuo post mi ha fatto riflettere: quando dici che i bambini del sud saranno costretti ad andare a scuola di meno per permettere a quelli del nord di frequentare il tempo pieno. Capisco la veemenza, ma non condivido la sostanza.
Mi rendo anche conto, che in fondo nessuna di noi conosce bene la quotidianità e la realtà in cui opera l’altra. Qual è la quotidianità di un bambino del sud o di una maestra? Cosa fanno i bambini quando escono da scuola , chi sta con loro, dove giocano?
Vedi, in questo senso il web è un’altra opportunità per conoscerci e rompere uno schema che ha sempre giocato a contrapporci in una guerra tra poveri.
Magari , se hai voglia, un giorno o l’altro ti descriverò la mia scuola e sarò contenta di conoscere la tua. Ciao.
Daniela
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
26 marzo 2009
Grazie per il tuo lungo commento. Ora non ho la possibilità di arricchirlo ulteriormente ma non mancherà occasione 😉
Ho parlato di bambini e non di posti di lavoro appositamente. E’ sulla pelle dei bambini, che sono anche nostri figli, che si sta giocando questa partita al ribasso.
Io “ho studiato” il tempo pieno; ne ho lette le esperienze; ne ho ascoltato i racconti di altri. Ricordo il convegno a Genova su “Un tempo pieno di futuro” che venni ad ascoltare apposta per saperne di più. Volevo capire uno stile didattico e “rubarne” il possibile 🙂
Noi abbiamo poco tempo pieno per una serie di ragioni socio-culturali ed economiche. Ma non è un problema di quantità. Si fa una buona scuola anche con le 30 ore. Ma mancano i tempi distesi. Senza compresenze, senza più il team ed una scuola a 24-27 ore mi dici tu come ce la caveremo? In qualche maniera faremo, certo. In qualche maniera.
Buona notte 🙂
Maria Grazia
"Mi piace""Mi piace"
shanniesfancy
27 marzo 2009
Mamma mia, io sono sconvolta. Sono siciliana, inizio ad avere davvero paura, perchè nessuno fa niente? Come possiamo cambiare le cose? Perchè sta succedendo tutto questo?
Farò girare il più possibile questo post, tra amici e parenti, perchè la cosa è subdola… ci stanno distruggendo senza che la maggior parte delle persone ne abbia coscienza.
"Mi piace""Mi piace"
shanniesfancy
27 marzo 2009
Ah, dimenticavo…Grazie MG per tutto quello che hai scritto, io condivido pienamente…la netta sensazione è che si stia tornando al passato, un passato di cui non riusciamo a liberarci. E poi mi fanno la pubblicità delle tecnologie a scuola…qui si rischia di non avercela più una scuola!!!!!!!!!
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
27 marzo 2009
Aggiungo un altro paio di note, necessarie a raffreddare un po’ la veemenza del post, che però non posso rinnegare, perché se non ce le diciamo tra noi le cose come stanno veramente, è meglio limitarsi ad ascoltare le balle raccontate nei salotti televisivi.
L’annosa questione del mantenimento del tempo pieno, intendendo per tale il dispositivo didattico e pedagogico e non certo le 40 ore di origine morattiana, nasce con l’istituzione stessa dei moduli. La 148/90 congelò le attività di tempo pieno istituibili al “limite dei posti funzionanti nell’anno scolastico 1988/89”, ponendo tra le ovvie condizioni l’esistenza e l’effettivo funzionamento delle strutture necessarie.
Già questo metteva comunque una pietra tombale sui territori più deprivati di servizi e che non avevano una “tradizione” in tal senso.
Da noi, la mancanza cronica di mense, costringe i bambini ad andare a casa a mangiare e a tornare per il rientro pomeridiano. Dunque, proporre alle famiglie due o tre rientri significa sconvolgerne la vita.
Dove invece il tempo pieno è diffuso, tale organizzazione ha cominciato a un certo punto ad essere funzionale anche alle esigenze della famiglia nucleare, con entrambi i genitori lavoratori, da cui una domanda crescente che non sempre è stata rivolta alla qualità del tempo scuola ma anche alla sua quantità. Non è una colpa. E’ una realtà e basta.
Ed è questo che si intende “salvaguardare” il più possibile per motivi elettorali. Si colpisce la qualità, si svuota il tempo pieno del suo significato e lo si trasforma in un parcheggio-doposcuola.
Il team, bollato come bivacco di insegnanti nullafacenti (ce la vogliamo ricordare la campagna denigratoria che ci è toccato subire da settembre in poi?), viene trasformato in una riserva di caccia con cui mettere le pezze a questi tagli forsennati.
Se il tempo pieno fosse stato più diffuso al sud, con la lega al governo (e il suo profeta Tremonti) secondo te qualcuno si sarebbe preoccupato di salvare anche le 40 ore? Secondo me no.
Ma tutto questo riguarda i grandi. Dei bambini a nessuno gliene frega niente. Se non a noi che ci lavoriamo insieme. Ma noi valiamo quanto una carta di pepe…
"Mi piace""Mi piace"