Oggi scrivevo e riflettevo sulla metafora cristiana del pane spezzato. Penso che sia una metafora valida anche per chi cristiano non è, in un momento in cui
il concetto di comunità – non solo cristiana – viene intaccato alle radici. E’ l’egoismo dei singoli che incide come una lama tagliente il tessuto comunitario, recidendone i legami.
Ci fa sempre più fatica condividere qualcosa con gli altri ma, soprattutto, riflettere sulle conseguenze che il nostro singolo interesse a breve termine riversa poi sull’intera collettività.
E allora evadiamo le tasse, costruiamo abusivamente in attesa dei condoni, sfruttiamo i lavoratori più deboli e li buttiamo via quando non ci servono più (e parlo anche di tutta la “bassa manovalanza accademica” e non solo degli immigrati), accettiamo come normali le politiche clientelari, svendiamo il nostro voto politico in base ad un ritorno che riguarda solo noi (che può andare dalla promessa del posto di lavoro fino alle cene “scroccate” in campagna elettorale).
E tutto questo si rovescia a cascata sul sistema sociale indebolendolo e depauperandolo, rendendo più poveri i poveri e più ricchi i ricchi. Non dobbiamo nascondercelo e ricordarcelo solo quando i morti urlano vendetta per le case costruite dagli imprenditori senza scrupoli. Noi siamo collusi con questo sistema.
Il mio augurio, laico e cristiano allo stesso tempo, per tutti gli amici e le amiche che passano di qui, è che non ce lo dimentichiamo. Spezzare il pane e condividerlo con gli altri non viene naturale: è una scelta di vita. Civile quanto cristiana. In tutti il periodi dell’anno.
Buona Pasqua, con tutto il cuore e con tutta la mia amicizia 🙂
celiovibenna
11 aprile 2009
Auguri anche a te, in fractione panis… (che è anche un segno di riconoscimento, “la cifra di una agnizione”, sicut aiunt qui proprie loquuntur… se ne accorsero quei due a Emmaus).
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Maria Grazia
11 aprile 2009
Ti ringrazio per le tue parole 🙂
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celiovibenna
11 aprile 2009
Pas de quoi, chérie…
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Pokankuni
11 aprile 2009
A me, che cerco di essere cristiana, fa male vedere che spesso siamo proprio noi cristiani a dimenticare quel pane spezzato. Nel doppio significato di gesto di condivisione, e di memoria della presenza reale di Chi ci dà speranza. E siamo proprio noi che dobbiamo ricominciare a spezzare questo pane, da subito, ciascuno nel proprio piccolo “giro”, che è l’unico modo di fare davvero le rivoluzioni.
E’ vero: tuttavia è anche l’unico modo storicamente verificato – riconoscibile anche a un non credente, quindi – in cui una civiltà può vivere e crescere. Una semplice questione di sopravvivenza, se non altro. E poi, anche, di amore.Buona Pasqua!
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margherita francalanza
11 aprile 2009
Il tema del pane da spezzare e condividere lo sento tanto importante da aver cominciato ad imparare a ” fare il Pane ” in casa.Impastare,spettare che tutto lieviti,porre sopra una tovaglietta a quadri, infornare nel mio normale forno da cucina e aspettare che inizi il …profumo!Ve lo consiglio è un’esperienza che contagia sorrisi e mentre spezzi il pane è come quando si fa un digiuno “a pane e acqua “e provi per quel pane una gratitudine straordinaria.Sono cattolica da pochi anni e solo ora so quanto mi sono persa in felicità negli anni in cui il laicismo sembrava bastevole.
buona Pasqua
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celiovibenna
11 aprile 2009
Ah… auguri ancora a tutte le “Ladies”, allora, visto che
“The word [‘lady’] comes from Old English hlaifdige; the first part of the word is laif, loaf, bread, as in the corresponding hlaford, lord; the second part is usually taken to be from the root dig-, to knead, seen also in dough; the sense development from bread-kneader, bread-maker, to the ordinary meaning, though not clearly to be traced historically, may be illustrated by that of lord […]”
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