Ieri sera ho guardato la televisione fino a tardi, attratta da un trailer che avevo intravisto per caso nel pomeriggio.
E così, in seconda serata, mi sono messa a guardare Guido che sfidò le Brigate Rosse, la storia dell’operaio sindacalista CGIL Guido Rossa, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1979 per averne denunciato un fiancheggiatore all’interno della fabbrica.
Nella sua intervista, il regista Giuseppe Ferrara definisce il suo film come “didattico”… Probabilmente un po’ troppo didattico in un palinsesto in cui imperano veline e quiz per aspiranti lobotomizzati e in cui nulla deve turbare un ovattato mondo di riflettori e paillettes, in cui l’emergenza morale (prima ancora che finanziaria) non esiste perché non se ne parla. E non mi riferisco certo al marciume in cui si sguazza da mesi sui giornali ma alla svendita dei valori collettivi in cambio di vantaggi personali da parte dei nostri “rappresentanti”, cominciata un bel po’ di anni fa…
Non ci si meraviglia, quindi, che MicroMega abbia addirittura reso merito a RaiTre
di aver rotto una sorta di congiura del silenzio e di aver deciso di mandare in onda un film che era stato acquistato da tempo e poi rinchiuso nei cassetti.
Nonostante sia stato prodotto da Rai Cinema, non ha trovato né una distribuzione né una messa in onda sulla tv di Stato, vittima di un originale ostracismo bipartisan, che vide il Governo Prodi (la pellicola è del 2007) cedere alle pressioni dei giornali “concedendone” la proiezione per pochi giorni nel giugno di quell’anno ed il Governo in carica declinare la richiesta di proiezione a Palazzo Madama e alla Rai in prossimità del 9 maggio, giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo.
Ferrara denunciava nel 2007 il “boicottaggio”, i senatori non arrivano a tanto, ma le lettere di risposta ricevute dalla seconda carica dello Stato e dalla Rai li hanno spiazzati. In quella firmata di suo pugno dal presidente del Senato, Renato Schifani pur condividendo “pienamente lo spirito che anima la richiesta”, comunica che “il Senato non ha attualmente a disposizione una sala adeguata alla proiezione del film, specialmente sotto il profilo delle più recenti tecnologie”.
Ah! Le tecnologie!…
In una famosa lettera all’amico Ottavio, Guido Rossa scriveva:
Qualche volta mi ricordo di una sera al rifugio della Valle Stretta, quando a bruciapelo mi chiedesti: – Tu sei comunista? – ed io prontamente risposi – Si – pensando … questa volta mi sono giocato un compagno di corda e un amico!
Qualche cosa da allora è cambiato, la paura del rosso, (come dicono gli studenti parigini) oggi è proprio solo rimasta alle bestie cornute!
Ho l’impressione che non sia proprio così…
peppenigra
29 giugno 2009
sono storie delicate,pero’ Ferrara ha sempre fatto questo tipo di cinema racconta la storia,cinema verita’,un po’ trash involontario pero,corraggioso.
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Maria Grazia
29 giugno 2009
Sono storie delicate e… scivolose (?) probabilmente. Vanno lette e discusse, collocandole nel particolare frangente storico in cui sono avvenute. Però non vedo il motivo per cui non raccontarle o fare di tutto perché si diffondano il meno possibile. Di che cosa si ha paura?
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achille
29 giugno 2009
Non ho visto il film. Ma ricordo quella tragica – come altre ancora, purtroppo – vicenda. Qualcuno ha tentato d’imposessarsi di quella morte. L’ha brandita come arma di difesa, voce e testimonianza per affermare:<> Eh sì, perché i morti – si parla delle vite stroncate dalle BR – in quegli anni di piombo non erano quasi mai di una certa parte politica. Fortunatamente essa fu risparmiata. Guido Rossa rappresenta una lezione PER i comunisti. Non una lezione DEI comunisti. Erano anni nei quali ottocento appartenenti alla cosiddetta “intellighenzia” firmavano e mettevano al bando il povero Calabresi. Quegli stessi 800 che a vario titolo troviamo infilati nel corso degli anni, ingessati nel loro doppiopetto a dispensare opinioni e giudizi sul “contesto storico”. Erano anni nei quali in qualche salotto si brindava al ferimento di Montanelli. Con anche un certo rammarico, perché chi colpì non aveva alzato di più il tiro. Ecco, questa certa parte politica strizzava l’occhio a quei gruppi che a vario titolo crearono i presupposti per tanti massacri. Incluso quello di Guido Rossa. Che la sua lotta voleva combatterla democraticamente e con gli strumenti che il suo buonsenso di lavoratore gli imponevano di usare. E quando s’accorse che qualcuno stava avvelenando i pozzi, vi si oppose, cadendo nell’esercizio della sua funzione. Quella di vero sindacalista, che intendeva davvero tutelare i lavoratori. Alla faccia di quegli ottocento e di altri, che con lui avevano in comune solo il professare – solo a parole – il medesimo credo politico. Al quale mi onoro di non essere mai stato tentato di far parte.
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Maria Grazia
29 giugno 2009
Erano anche gli anni delle stragi di Stato e del brigatismo nero che tanto bene ha fatto all’Italia. Ho pubblicato il tuo commento non perché ne approvi l’interpretazione storico-politica, né i toni da verità rivelata. Mi offende e mi addolora profondamente quel “mi onoro ecc. ecc.” perché colpisce i valori di tanta gente che non era certo lì a brindare nei salotti (Guido Rossa, in primis). Potrei ribattere con una lista altrettanto lunga ma se non si esce da questa logica, non si va da nessuna parte. E lo spirito di questo post non voleva certo essere questo.
Mi dispiace che tu non abbia visto il film. Aveva un contenuto didattico. Ma forse non sarebbe cambiato molto. Addio.
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riflessioniquotidiane
29 giugno 2009
io ero all’oscuro del film, grazie per aver scritto l’articolo per ricordare e non dimenticare.
http://riflessioniquotidiane.wordpress.com
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Maria Grazia
29 giugno 2009
Grazie a te per il commento. Veramente è stato per puro caso che io mi sia trovata a vederlo perché non è stato pubblicizzato molto…
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Loris
29 giugno 2009
Sicuramente farò in modo di rivederlo, oggi on line abbiamo questo privilegio.
Ricordo quella mattina quando fu ucciso e ricordo il giorno piovoso dei suoi funerali Piazza De Ferrari stracolma e tutta via XX settembre da non potersi muovere. Ancor prima che piena di compagni del PCI, piena di Lavoratori, molti dei quali con in tasca la tessera del PCI ma soprattutto, ribadisco ,lavoratori.
Sono onorato di essere stato e di continuare ad essere uno di loro, immutato, con quell’unica tessera in tasca e onorato di non avere avuto contaminazioni con chi solo oggi in un quadro politico corrotto, maleodorante e razzista trova l’ardire di alzare la testa per dire nefandezze.
Domani è il 30 giugno e in quella stessa piazza che ha salutato nel 79 Guido Rossa i lavoratori genovesi e tutti i democratici genovesi cacciavano i fascisti nel 1960 e facevano insieme ai lavoratori di altre citta cadere il governo Tambroni aprendo una nuova stagione politica…. ma questa è un’altra storia.
Hanno cercato di farcela pagare nel 2001 con la “macelleria messicana” ma siamo sempre qua a rispondere adeguatamente ad ogni tipo di provocazione.
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abi70it
30 giugno 2009
grande personaggio…. tanto di cappello
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Luca
30 giugno 2009
Ho visto stasera il film e sono rimasto molto colpito, mi sono commosso e l’ho trovato molto bello nel suo realismo. Poi sono andato su internet per informarmi meglio, come mai non avevo sentito parlare di questo film? …e ho scoperto che questo film, se non per poche sere credo, non è neanche uscito nelle sale, non è stato distribuito, non se ne è parlato, non è diventato un successo, è stato letteralmente boicottato!! (come hai già detto tu, Maria Grazia) Com’è possibile?
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Lucas
3 luglio 2009
Opera filmica terribile.
Spreco di talenti…. Ci credo che non l’ha voluto proiettare nessuno: un film -inguardabile-.
Non si può aggiungere altro.
Valeva la pena, semmai, realizzare un buon documentario sulla vicenda.
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Maria Grazia
3 luglio 2009
Se guardiamo dal lato artistico, concordo perfettamente con te 🙂 Da qui a pensare che le motivazioni della censura risiedano in questo… Concorderai che la qualità media delle produzioni italiane attualmente in televisione è perfettamente in linea (e vengono proiettate lo stesso), con l’aggravante di avere dei soggetti che sono talmente banali da essere inesistenti.
L’idea di un bel documentario non è male…
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