Nel lontano giugno del 2010, a margine del post in cui ribadivo la mia intolleranza alla campagna ministeriale che aveva ridotto la questione libri di testo esclusivamente ad una questione di costo per Kg, segnalavo l’allora neonata iniziativa di Book in progress, dicendo:
Non avendo potuto visionare i contenuti non mi esprimo sulla loro qualità né mi pare che ci sia un cambiamento reale dell’approccio didattico – notebook, LIM, bluetooth a parte – ma non posso non apprezzare un ruolo propositivo dei docenti in tal senso, più eminentemente culturale direi, nonostante la scarsa considerazione di cui sembra godere la categoria in questo momento.
Era un periodo, quello, in cui molti lettori di questo blog ed altri abitanti della blogosfera cominciarono ad uscire più spesso da dietro ai loro schermi, per cominciare a confrontarsi sull’oggetto-libro, sulla sua forma e sui suoi formati. Come dimenticare l’esperienza dello SchoolBookCamp, grazie a cui Noa Carpignano mi ha irretito nella sua rete di visioni e ideali editoriali (per tacer dei “testi liquidi” di cui si è filosofeggiato con Maurizio Chatel?) 🙂
La scommessa era quella di riprendere un filo sospeso nel maggio del 2009, e seguirlo nel suo sviluppo lungo le acque agitate di un anno scolastico per molti versi da dimenticare… Filo che sembrava essersi spezzato a causa dei problemi ben più grandi che la scuola attraversa rispetto a quelli rappresentati dal caos delle adozioni, già di per sé di non poco conto. Ma se ciascuno degli intervenuti portava con sé un bagaglio di disincanto e scetticismo forzatamente legato al peso della realtà, la forza di immaginare e proporre è tornata nel sentirsi parte di una comunità animata da forti motivazioni. Questa almeno è la sensazione che personalmente ho tratto dal lungo e interessante dibattito.
Ci eravamo lasciati attorno al problema della forma da dare non tanto all’ebook di per sé, quanto alla rete intesa come spazio di comunicazione. Oggi il discorso non è cambiato, anche perché le acque sono ancora stagnanti, non solo per colpa delle istituzioni, ma soprattutto degli editori in quanto “agenzie di formazione”…
Di acqua sotto i ponti, però, ne è passata tanta da allora. C’è stato anche molto studio e, soprattutto, molto duro lavoro editoriale, in cui ho potuto constatare quanto sia complesso rendere esplicita la qualità didattica di un contenuto e, soprattutto, renderlo funzionale all’apprendimento. Continuo ad essere convinta che è nelle scuole che dobbiamo cercare “il nutrimento” da rielaborare e sintetizzare (non so perché mi è venuta l’immagine della fotosintesi clorofilliana…), però sono molto più consapevole di quanto sia difficile trasformare le dispense di un docente in un libro di testo.
Se qualche anno fa non avevo idea di quale fosse il lavoro dell’editore, ora ce l’ho e questo mi rende un po’ più scettica sulle soluzioni fai-da-te, non solo perché richiedono professionalità che nella scuola non abbiamo ma anche perché il diritto d’autore incombe dietro ogni azione, fosse anche quella mossa dalle più nobili intenzioni. Andreas ci ricorda che
In tutte le legislazioni attuali, il diritto d’autore è assegnato automaticamente a chiunque crei un opera che sia fissata su di un supporto stabile. In altre parole, i diritti in questione nascono insieme all’opera stessa, senza il bisogno che l’autore faccia o dichiari alcunché a chicchessia. Per esempio senza che apponga diciture del tipo ©PincoPallino.
E se pensate che fare una semplice dispensa sia un’attività innocua, provate a dare uno sguardo al Decalogo Aidro (Associazione Italiana per la Riproduzione delle Opere dell’Ingegno) e, in particolare alla regola n°9 che prevede una specifica autorizzazione per ogni tipo di utilizzo digitale anche di testi tradizionalmente “autoprodotti” come gli appunti/dispense di un collega (che magari ti ha anche già autorizzato a fotocopiare). Ci vuole, cioè, un permesso per la riproduzione della copia a stampa, uno per la digitalizzazione via scanner, uno per l’utilizzo in una piattaforma e-learning. Se non ci credete, andatevelo a leggere dato che non mi è possibile neanche copia-incollare il comandamento 😉 in questione perché il PDF non lo permette (e chissà cosa potrebbe succedermi se mi permettessi di ricopiarlo).
Va da sé che la domanda posta da Marco Fioretti su quale tipo di licenza abbiano i testi scolastici di Book in Progress è legittima così come sono condivisibili gli insegnamenti che trae dalla vicenda, primo fra tutti quello di non poter affermare che
I testi non prevedono diritti d’autore in quanto prodotti dalle scuole
In realtà, i miei dubbi (come ho anche scritto in uno scambio nel gruppo FB di Bricks) sono anche altri e ben più complessi, tenuto conto dell’entusiasmo con cui il ministro Profumo ha additato l’esperimento… Se qualche altra scuola volesse emularlo, a quali problemi potrebbe andare incontro?
Lasciamo da parte il problema della procedura di adozione (esiste un ISBN?), quello del pagamento di questo sussidio (a chi viene corrisposto e sotto quale forma il costo dei 35 euro medi per la stampa, “unica spesa per le famiglie oltre a quella per il notebook (383 euro), compensata però dal fatto che non è previsto l’acquisto dei libri tradizionali”) nonché quello del formato di questi testi che, non si capisce bene in che categoria classificare, dato che risultano “precaricati” sul PC di cui sopra e poi stampati.
Come fortemente ribadito nella circolare sull’adozione dei libri di testo per il prossimo anno scolastico, le forme sono necessariamente due: mista (parte cartacea + parte da scaricare online) e online (tutto da scaricare online). Che tipo di testi sono i “precaricati”? Sono testi digitali che NON sono scaricabili online.
La questione non è da prendere sotto gamba, anche perché (nonostante della cosa non se ne parli, chissà perché…) l’art.5 della Legge Stanca sancisce che gli stessi criteri di accessibilità che le scuole sono tenute a rispettare per la realizzazione dei loro siti in quanto parte della Pubblica Amministrazione, si applichino
altresì, al materiale formativo e didattico utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado.
Dato allora che le uniche pagine scaricabili dalla Rete sono qui, ne abbiamo testato un po’ l’accessibilità, andando oltre ciò che già l’occhio nudo può vedere circa le difficoltà che qualsiasi studente con DSA può incontrare affrontando la lettura di una pagina scritta con certi font… Ad un esame più approfondito, il risultato è stato questo:
Sorvolo sui particolari ma, di conseguenza, ripeto la domanda: quali regole sono tenuti a seguire i testi online fai-da-te?
Claude Almansi
12 febbraio 2012
In questo post tu sollevi 2 fattori fondamentali per l’elaborazione di libri di testo online: l’accessibilità (o fruibilità per tutti) e il diritto d’autore. E l’esempio che scegli per illustrarli, bookinprogress, mette bene in risalto i grattacapi che derivano dall’impreparazione nell’uno o l’altro campo. Solo qualche piccola aggiunta:
Sul diritto d’autore
– Sul decalogo AIDRO: certo, è utile conoscere i divieti generali della Legge sul diritto d’autore (LDA), ma l’autore non menziona le restrizioni a questi divieti per usi educativi, né i contenuti sotto licenze aperte (creative commons e simili). Proverei ad interpellare il team Creative Commons Italia in merito: era funzionato in Svizzera quando gli editori scolastici CH avevano provato una campagna simile.
Mi sembra che il miglior modo per rispettare la LDA è l’uso di queste licenze aperte, e per comodità, le licenze Creative Commons sulle quali esiste un’ampia e chiara documentazione. Vedi, per l’Italia Creative Commons: manuale operativo – Guida all’uso delle licenze e degli altri strumenti CC di Simone Aliprandi
– Sulle “protezioni”: non funzionano. Ad es. si potrebbe fare catture di schermo del Decalogo AIDRO, poi fare il riconoscimento ottico dei caratteri delle catture. Quanto al filigrana “Book in Progress” che attraversa in diagonale le loro lezioni scaricabili, basta selezionare tutto, copiare e incollare in un nuovo file per liberarsene.
Ce ne sono di più perverse, tipo il “Social DRM” che ti sbatte il tuo nome utente nel file stesso, nella speranza che ti vergognerai a condividerlo o che i recipienti ti denuncino. Ma vedi quel che ne dice Doctorow in Digital Lysenkoism (Publishers Weekly, 27 gennaio 2012).
Quindi se produciamo noi libri di testo, qualsiasi forma di protezione, persino quelle che non intralciano l’accesso delle persone con disabilità, è da evitare. Quindi, ad es. è da evitare la produzione di e-libri con il software iBooks Author della Apple che produce pseudo file ePub snaturati da DRM, che funzionano soltanto su device Apple e sono solo diffondibili tramite iTunes: vedi How Apple is sabotaging an open standard for digital books di Ed Bott (ZDNet, 19 gennaio 2012)
E se ci imbattiamo in file protetti il cui contenuto ci interessa? Per uso personale possiamo quasi sempre trovare modi per sproteggerli. Per la condivisione, soprattutto apertamente in rete, è meglio chiedere prima l’autorizzazione, ma rimangono comunque i diritti di citazione e per uso educativo.
Sull’accessibilità
Hai ragione: è complicato adempire alle norme per l’accessibilità, soprattutto per elibri multimediali. Però esistono tool che facilitano questo adempimento. In particolare, UDL Bookpublisher (dove UDL = Universal Design for Learning) ti guida passo per passo nella creazione di elibri multimediali accessibili, anche in italiano, dove i testi scritti possono essere vocalizzati mentre vengono evidenziati man mano “a karaoke”: cfr quelli, appunto, in italiano reperibili dalla sezione Library, impostando Italian/Italiano come criterio di ricerca (ce ne sono solo 3 per ora).
Ma perché fare elibri di testo?
Nell’articolo su Books in Progress di Bricks che linki nel 1° paragrafo, c’è un interessante commento di Alfredo Tifi:
Veramente quell’alternativa del “fai da te intelligente” al libro di testo è stata adottata da molti docenti ben prima che esistesse l’internet o persino i PC: la praticavano egregiamente i miei insegnanti di liceo nei tardi anni 1960, vuoi con la ciclostile, vuoi con la fotocopiatrice. Però Alberto Tifi ha ragione: da quando si possono facilmente creare testi digitali (con “testi”, intendo anche quelli multimediali), è diventato particolarmente assurdo non esplorarla.
Quel che mi colpisce nei libri della “library” di UDL bookbuilder menzionata prima è che molti sono prodotti da allievi (e non per allievi, come avviene invece con Books in Progress) vedi, tra quelli in italiano, il tutorial su Excel caricato da Riccardo Rivarola. Questo sì è un apprendimento utile. Poi ci sono anche quelli fatti un po’ maluccio, dove l’autore ha lasciato la voce “consulta le tue risposte” senza aver posto domande. Ma persino questi errori sono occasioni per migliorare e per imparare.
E ci sono altri sussidi multimediali prodotti da studenti in rete: vedi il canale YouTube zgwm dove Greg McCall pubblica video sottotitolati “a mo’ di karaoke” (1) dai suoi studenti con difficoltà di lettura. Vedi il saggio Same-Language-Subtitling (SLS): Using Subtitled Music Video for Reading Growth (Sottotitolazione nella stessa lingua: utilizzare video musicali sottotitolare per incrementare la capacità di lettura) di lui e Carmen Craig, sul loro progetto SLS4reading. Spiegano come si sono ispirati al progetto indiano di alfabetizzazione Planet Read. Planet Read funziona convincendo le reti televisive a diffondere canzoni alla moda nelle varie lingue dell’India sottotitolate a mo’ di karaoke, con un impressionante successo. SLS4reading è un po’ diverso, in quanto a produrre la sottotitolazione a karaoke sono studenti con difficoltà di lettura.
Questa soluzione diversa è dovuta da una parte al fatto che voglia te convincere le emittenti US ad aggiungere sottotitoli salvo nei casi imposti dalla legge sull’accessibilità; dall’altra perché ci sono software gratuiti che consentono di farlo facilmente (2). E si impara di più così.
(1) Sottotitoli “a mo’ di karaoke” perché a differenza del karaoke vero dove nell’audio viene cancellata la parte cantata, qui viene mantenuta.
(2) Greg e i suoi studenti usano KaraFun per fare i video del canale zgwm. Purtroppo la componente che consente di esportare il lavoro come video singolo non è più scaricabile. Però qualcosa di simile si può fare con TunePrompter che esiste per sia Mac OS sia Windows: vedi un mio primo tentativo.
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Livio
19 febbraio 2012
In realtà creare testi digitali accessibili non è per nulla complicato e non servono particolari software, quelli utilizzati normalmente dagli editori possiedono già gli strumenti necessari, basta imparare a usarli.
UDL Book Builder è interessante, ma adatto soltanto a testi con struttura molto semplice, certamente non come quelli utilizzati dalla scuola italiana attualmente.
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Maria Grazia
19 febbraio 2012
Beh, credo che (software a parte) il primo passo per fare testi accessibili sia porsi il problema prima di cominciare a realizzarli. Finché l’accessibilità verrà considerata come… “accessoria” o come qualcosa che non sempre ci si può permettere, saremo sempre al punto di partenza.
Altra questione è poi la qualità di un testo per l’apprendimento e la sua efficacia in merito allo scopo che dovrebbe perseguire: questo rincorrere opportunistico degli strumenti (LIM, tablet, ereader e via dicendo…) mi sembra stia andando a scapito di un reale ripensamento dei contenuti, della loro “forma” e del loro utilizzo.
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mfioretti
10 Maggio 2012
Claudia Almansi ha scritto:
“Mi sembra che il miglior modo per rispettare la LDA è l’uso di queste licenze aperte, e per comodità, le licenze Creative Commons”
se mi sbaglio tanto meglio, ma da questa frase ho l’impressione che lei pensi, e temo che qualche lettore potrebbe concludere, che si può riusare materiale generico rispettando la LDA se si pubblica il RISULTATO con una licenza Creative Commons. Invece, questo NON è affatto vero.
Le licenze d’uso su un’opera creativa può deciderle o cambiarle SOLO il titolare dei diritti d’autore di quell’opera. NON chi la riusa, qualunque sia il motivo. In altre parole:
se Tizio scrive un romanzo con “tutti i diritti riservati” (lo status che si ha automaticamente se Tizio non fa nulla, come già spiegato nel post), Caio NON può ripubblicare/ridistribuire quel romanzo o un’opera derivata con licenza Creative Commons, solo perchè lo sta facendo a scopi educativi o comunque non di lucro
Se Tizio scrive un romanzo e lo pubblica LUI con licenza CC, Caio può ridistribuire quel romanzo, o una sua versione modificata, senza chiedere permesso a Tizio, ma in tal caso DEVE farlo con quella stessa licenza CC, rispettando le condizioni della medesima, o con una compatibile.
Per ulteriori dettagli, rimando i lettori alla mini Guida per Scuole e Famiglie sul diritto d’autore che ho curato con alcuni avvocati specializzati proprio per far chiarezza su questi casi:
http://stop.zona-m.net/it/2010/03/guida-per-scuole-e-famiglie-al-diritto-dautore/
M. Fioretti
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