Libri di testo online: quali regole per il fai-da-te?

Posted on 10 febbraio 2012

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Nel lontano giugno del 2010, a margine del post in cui ribadivo la mia intolleranza alla campagna ministeriale che aveva ridotto la questione libri di testo esclusivamente ad una questione di costo per Kg, segnalavo l’allora neonata iniziativa di Book in progress, dicendo:

Non avendo potuto visionare i contenuti non mi esprimo sulla loro qualità né mi pare che ci sia un cambiamento reale dell’approccio didattico – notebook, LIM, bluetooth a parte – ma non posso non apprezzare un ruolo propositivo dei docenti in tal senso, più eminentemente culturale direi, nonostante la scarsa considerazione di cui sembra godere la categoria in questo momento.

Era un periodo, quello, in cui molti lettori di questo blog ed altri abitanti della blogosfera cominciarono ad uscire più spesso da dietro ai loro schermi, per cominciare a confrontarsi sull’oggetto-libro, sulla sua forma e sui suoi formati.  Come dimenticare l’esperienza dello SchoolBookCamp, grazie a cui Noa Carpignano mi ha irretito nella sua rete di visioni e ideali editoriali (per tacer dei “testi liquidi” di cui si è filosofeggiato con Maurizio Chatel?) 🙂

La scommessa era quella di riprendere un filo sospeso nel maggio del 2009, e seguirlo nel suo sviluppo lungo le acque agitate di un anno scolastico per molti versi da dimenticare… Filo che sembrava essersi spezzato a causa dei problemi ben più grandi che la scuola attraversa rispetto a quelli rappresentati dal caos delle adozioni, già di per sé di non poco conto. Ma se ciascuno degli intervenuti portava con sé un bagaglio di disincanto e scetticismo forzatamente legato al peso della realtà, la forza di immaginare e proporre è tornata nel sentirsi parte di una comunità animata da forti motivazioni. Questa almeno è la sensazione che personalmente ho tratto dal lungo e interessante dibattito.

Ci eravamo lasciati attorno al problema della forma da dare non tanto all’ebook di per sé, quanto alla rete intesa come spazio di comunicazione. Oggi il discorso non è cambiato, anche perché le acque sono ancora stagnanti, non solo per colpa delle istituzioni, ma soprattutto degli editori in quanto “agenzie di formazione”…

Di acqua sotto i ponti, però, ne è passata tanta da allora. C’è stato anche molto studio e, soprattutto, molto duro lavoro editoriale, in cui ho potuto constatare quanto sia complesso rendere esplicita la qualità didattica di un contenuto e, soprattutto, renderlo funzionale all’apprendimento. Continuo ad essere convinta che è nelle scuole che dobbiamo cercare “il nutrimento” da rielaborare e sintetizzare (non so perché mi è venuta l’immagine della fotosintesi clorofilliana…), però sono molto più consapevole di quanto sia difficile trasformare le dispense di un docente in un libro di testo.

Se qualche anno fa non avevo idea di quale fosse il lavoro dell’editore, ora ce l’ho e questo mi rende un po’ più scettica sulle soluzioni fai-da-te, non solo perché richiedono professionalità che nella scuola non abbiamo ma anche perché il diritto d’autore incombe dietro ogni azione, fosse anche quella mossa dalle più nobili intenzioni. Andreas ci ricorda che

In tutte le legislazioni attuali, il diritto d’autore è assegnato automaticamente a chiunque crei un opera che sia fissata su di un supporto stabile. In altre parole, i diritti in questione nascono insieme all’opera stessa, senza il bisogno che l’autore faccia o dichiari alcunché a chicchessia. Per esempio senza che apponga diciture del tipo ©PincoPallino.

E se pensate che fare una semplice dispensa sia un’attività innocua, provate a dare uno sguardo al Decalogo Aidro (Associazione Italiana per la Riproduzione delle Opere dell’Ingegno) e, in particolare alla regola n°9 che prevede una specifica autorizzazione per ogni tipo di utilizzo digitale anche di testi tradizionalmente “autoprodotti” come gli appunti/dispense di un collega (che magari ti ha anche già autorizzato a fotocopiare). Ci vuole, cioè, un permesso per la riproduzione della copia a stampa, uno per la digitalizzazione via scanner, uno per l’utilizzo in una piattaforma e-learning. Se non ci credete, andatevelo a leggere dato che non mi è possibile neanche copia-incollare il comandamento 😉 in questione perché il PDF non lo permette (e chissà cosa potrebbe succedermi se mi permettessi di ricopiarlo).

Va da sé che la domanda posta da Marco Fioretti su quale tipo di licenza abbiano i testi scolastici di Book in Progress è legittima così come sono condivisibili gli insegnamenti che trae dalla vicenda, primo fra tutti quello di non poter affermare che

I testi non prevedono diritti d’autore in quanto prodotti dalle scuole

In realtà, i miei dubbi (come ho anche scritto in uno scambio nel gruppo FB di Bricks) sono anche altri e ben più complessi, tenuto conto dell’entusiasmo con cui il ministro Profumo ha additato l’esperimento… Se qualche altra scuola volesse emularlo, a quali problemi potrebbe andare incontro?

Lasciamo da parte il problema della procedura di adozione (esiste un ISBN?), quello del pagamento di questo sussidio (a chi viene corrisposto e sotto quale forma il costo dei 35 euro medi per la stampa, “unica spesa per le famiglie oltre a quella per il notebook (383 euro), compensata però dal fatto che non è previsto l’acquisto dei libri tradizionali”) nonché quello del formato di questi testi che, non si capisce bene in che categoria classificare, dato che risultano “precaricati” sul PC di cui sopra e poi stampati.

Come fortemente ribadito nella circolare sull’adozione dei libri di testo per il prossimo anno scolastico, le forme sono necessariamente due: mista (parte cartacea + parte da scaricare online) e online (tutto da scaricare online). Che tipo di testi sono i “precaricati”? Sono testi digitali che NON sono scaricabili online.

La questione non è da prendere sotto gamba, anche perché (nonostante della cosa non se ne parli, chissà perché…) l’art.5 della Legge Stanca sancisce che gli stessi criteri di accessibilità che le scuole sono tenute a rispettare per la realizzazione dei loro siti in quanto parte della Pubblica Amministrazione, si applichino

altresì, al materiale formativo e didattico utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado.

Dato allora che le uniche pagine scaricabili dalla Rete sono qui, ne abbiamo testato un po’ l’accessibilità, andando oltre ciò che già l’occhio nudo può vedere circa le difficoltà che qualsiasi studente con DSA può incontrare affrontando la lettura di una pagina scritta con certi font… Ad un esame più approfondito, il risultato è stato questo:

Sorvolo sui particolari ma, di conseguenza, ripeto la domanda: quali regole sono tenuti a seguire i testi online fai-da-te?