Sono inciampata in questo articolo, in cui una collega alle prime armi, chiede aiuto sconvolta a quest’altra collega in pensione che scopro essere una scrittrice sotto pseudonimo (Isabella Milani), che scrive libri sull’arte di insegnare. Infatti conclude la sua risposta con un generoso
Metticela tutta, Marilena, non ti arrendere e non ti sentire in colpa. Leggi i miei libri, il mio sito con tutto il primo blog; cerca su internet i siti di tantissimi bravi insegnanti che mettono a disposizione quello che hanno imparato, anche per gestire i bambini più piccoli.
In realtà, a Marilena, nella sua risposta non ha dato alcun consiglio o spiegazione utile che la aiutasse a “gestire la baraonda”, scaricando la responsabilità sull’ineducazione dilagante.
Non le ha spiegato che il problema è che nessuno ti insegna a gestire il primo traumatico impatto con un gruppo classe la prima volta, tenendo presente che una classe di prima primaria, a ottobre, è composta ancora da bambini che andavano alla scuola dell’infanzia…
Come tutte ci siamo illuse 🙂 di preparare nella nostra testa le attività per riempire quattro ore di lezione e che tutto sarebbe andato secondo i nostri piani: si chiama inesperienza.
Aveva sognato una classe ordinata, con piccoli volti sorridenti che l’avrebbero accolta con un corale “Buongiorno maestra!” e avrebbero fatto tutto ciò che lei proponeva, nonostante fosse la prima volta che li vedeva…
E no. Non funziona così ma imparerà, come abbiamo fatto tutte.
Isabella Milani
4 novembre 2018
Cara Maria Grazia Fiore, ho visto che hai citato il mio articolo e ti ringrazio. Vorrei però aiutare anche te a migliorare il tuo stile comunicativo, che lascia piuttosto a desiderare. Ti spiego che cosa non va:
“Sono inciampata in questo articolo” sottintende che non te ne importava nulla di leggere quello che scrivo, e la parola “inciampata”, in particolare, è una parola negativa, che comunica che lo ritieni un articolo di nessun conto.
“in cui una collega alle prime armi, chiede aiuto sconvolta a quest’altra collega” = ” a quest’altra collega” è un modo di definirmi poco rispettoso, Maria Grazia. Come se dicessi “a una Tizia”.
“collega in pensione” = definirmi come “collega in pensione” guarda che è pazzesco! Come se tu dicessi “una alle prime armi chiede a un’altra, vecchia e ormai fuori dalla scuola”: Maria Grazia, guarda che sono andata in pensione per dedicarmi a studiare, a scrivere e ad andare in giro nelle scuole e nei festival. E l’ho fatto perché il mio primo blog ha un milione e settecentomila visite e ho ricevuto centinaia di lettere che mi chiedevano consiglio, e il mio nuovo sito ha in un anno quasi 500.000 visite; perché vengo intervistata da settimanali, perché ho scritto due libri uno su come si insegna e uno su come si educa.
“che scopro essere una scrittrice sotto pseudonimo (Isabella Milani), che scrive libri sull’arte di insegnare” = l’uso di “scopro” tradisce (oltre al fatto che non sei aggiornata, evidentemente, perché inciampano tutti su quello che scrivo) che di nuovo vuoi sminuirmi e far vedere che non sai neanche chi sono.
“conclude la risposta con un generoso” = e che cosa c’entra la generosità? Volevi essere ironica?
Poi dici:
“In realtà, a Marilena, nella sua risposta non ha dato alcun consiglio o spiegazione utile che la aiutasse a “gestire la baraonda”” = la risposta l’ho data, Maria Grazia, e sono le 600 pagine dei due libri che ho scritto per aiutare chi si trova in difficoltà (certo non per guadagnare, visto che saprai che l’autore riceve una percentuale di 50 centesimi a copia) e le centinaia di risposte alle lettere che mi hanno scritto in questi anni insegnanti e genitori, e il consiglio “cerca su internet i siti di tantissimi bravi insegnanti che mettono a disposizione quello che hanno imparato, anche per gestire i bambini più piccoli”.
Ma poi, Maria Grazia, non pensi che io che ho parecchia più esperienza di te possa aver deciso che non erano consigli pratici (che può trovare ovunque) quelli che le servivano ma un incoraggiamento e la spiegazione del perché si è trovata così?
Hai scritto “scaricando la responsabilità sull’ineducazione dilagante”= Maria Grazia, ho studiato la situazione sociale, la scuola, l’educazione e l’emergenza educativa per parecchi anni prima di scrivere il libro “Maleducati o educati male?”, e usi l’espressione “scaricando la responsabilità sull”ineducazione dilagante”? Senza contare il fatto che il termine “ineducazione” non è adeguato né se si parla di maleducazione, né se si parla di mala educazione, né di assenza di educazione.
Non le ha spiegato che il problema è che nessuno ti insegna a gestire il primo traumatico impatto con un gruppo classe la prima volta, tenendo presente che una classe di prima primaria, a ottobre, è composta ancora da bambini che andavano alla scuola dell’infanzia… = questa sarebbe stata la risposta secondo te più idonea? Ma veramente?
Spero di averti aiutato e di averti fatto riflettere un po’, anche per il futuro. Un saluto da “questa collega in pensione”, Isabella Milani.
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Maria Grazia
4 novembre 2018
Il commento di risposta è molto lungo e, di conseguenza, procederò per punti, inserendo la citazione e la mia risposta tra parentesi quadre:
1) Vorrei però aiutare anche te a migliorare il tuo stile comunicativo, che lascia piuttosto a desiderare. [Grazie. Questo tipo di confronti sono sempre utili]
2) “Sono inciampata in questo articolo” sottintende che non te ne importava nulla di leggere quello che scrivo, e la parola “inciampata”, in particolare, è una parola negativa, che comunica che lo ritieni un articolo di nessun conto. [Uso il termine “inciampare” nel web quando capito casualmente su qualcosa che non cercavo ma su cui mi sono soffermata ugualmente, secondo quel processo che viene definito serendipity. Non ha alcuna valenza negativa, almeno per me]
3) “a quest’altra collega” è un modo di definirmi poco rispettoso, Maria Grazia. Come se dicessi “a una Tizia”. [Mi dispiace che essere definita collega tu lo ritenga offensivo. Io no]
4) definirmi come “collega in pensione” guarda che è pazzesco! Come se tu dicessi “una alle prime armi chiede a un’altra, vecchia e ormai fuori dalla scuola”. [Io ho semplicemente letto e citato la biografia che c’è nel widget laterale. C’è molta, troppa, gente che scrive di scuola senza aver mai insegnato. Da cui la specificazione]
5) guarda che sono andata in pensione per dedicarmi a studiare, a scrivere e ad andare in giro nelle scuole e nei festival. E l’ho fatto perché il mio primo blog ha un milione e settecentomila visite e ho ricevuto centinaia di lettere che mi chiedevano consiglio, e il mio nuovo sito ha in un anno quasi 500.000 visite; perché vengo intervistata da settimanali, perché ho scritto due libri uno su come si insegna e uno su come si educa. [Ti ringrazio quindi per aver dedicato tanto tempo alla risposta sul mio blogghettino che non raggiungerà certi numeri. Ne consegue che il mio post non può certo scalfire la considerazione che gli altri hanno di te e del tuo lavoro e per cui io non ho motivo di dubitare]
6) “che scopro essere una scrittrice sotto pseudonimo (Isabella Milani), che scrive libri sull’arte di insegnare” = l’uso di “scopro” tradisce (oltre al fatto che non sei aggiornata, evidentemente, perché inciampano tutti su quello che scrivo) che di nuovo vuoi sminuirmi e far vedere che non sai neanche chi sono. [E perché avrei dovuto mentire? No, non rientri nelle mie letture di aggiornamento professionale. Ma da questo momento, me lo ricorderò].
7) “conclude la risposta con un generoso” = e che cosa c’entra la generosità? Volevi essere ironica? [Sì, perché penso che la tua risposta sarebbe dovuta entrare più nel merito e “smontare” i presupposti per cui la collega ha preparato un percorso nella sua testa senza conoscere il gruppo classe e tenere presente le caratteristiche di bambini appena arrivati alla scuola primaria]
8) “In realtà, a Marilena, nella sua risposta non ha dato alcun consiglio o spiegazione utile che la aiutasse a “gestire la baraonda”” = la risposta l’ho data, Maria Grazia, e sono le 600 pagine dei due libri che ho scritto per aiutare chi si trova in difficoltà (certo non per guadagnare, visto che saprai che l’autore riceve una percentuale di 50 centesimi a copia) e le centinaia di risposte alle lettere che mi hanno scritto in questi anni insegnanti e genitori, e il consiglio “cerca su internet i siti di tantissimi bravi insegnanti che mettono a disposizione quello che hanno imparato, anche per gestire i bambini più piccoli”. [Io le colleghe in difficoltà le aiuto in altra maniera. Tu hai deciso questa via, io un’altra. Ognuna di noi due vivrà bene nella sua nicchia e contribuirà per il suo meglio]
9) Ma poi, Maria Grazia, non pensi che io che ho parecchia più esperienza di te possa aver deciso che non erano consigli pratici (che può trovare ovunque) quelli che le servivano ma un incoraggiamento e la spiegazione del perché si è trovata così? [Non so se l’esperienza si dimostri con l’età e, in ogni caso, non sono così giovane, ahimè. I consigli pratici hanno un senso se si fondano sulla conoscenza di chi hai davanti e devono essere frutto della consapevolezza del dispositivo pedagogico (R. Massa) che mettiamo in atto quando insegniamo]
10) Hai scritto “scaricando la responsabilità sull’ineducazione dilagante”= Maria Grazia, ho studiato la situazione sociale, la scuola, l’educazione e l’emergenza educativa per parecchi anni prima di scrivere il libro “Maleducati o educati male?”, e usi l’espressione “scaricando la responsabilità sull”ineducazione dilagante”? Senza contare il fatto che il termine “ineducazione” non è adeguato né se si parla di maleducazione, né se si parla di mala educazione, né di assenza di educazione. [Mea culpa per l’inadeguatezza del termine usato. Comunque anch’io ho studiato i sistemi sociali ed educativi nonché le loro emergenze, non solo dal punto di vista teorico]
11) Non le ha spiegato che il problema è che nessuno ti insegna a gestire il primo traumatico impatto con un gruppo classe la prima volta, tenendo presente che una classe di prima primaria, a ottobre, è composta ancora da bambini che andavano alla scuola dell’infanzia… = questa sarebbe stata la risposta secondo te più idonea? Ma veramente? [Sì. Avrei cominciato così. Essere consapevole di avere davanti bambini che mostrano sofferenza a stare in classe nelle ultime ore (con magari qualcuno che ha pianto fino a qualche settimana prima), che hanno bisogno di alternare attività motorie a a quelle sul quaderno (anche spostare i banchi per fare una cosa e poi rimetterli a posto può servire all’uopo così come contare le mattonelle del pavimento se ci serve questa informazione), che devono essere motivati a fare una cosa per uno scopo che è loro chiaro e non perché glielo dici tu. Non ci sono risposte “giuste/idonee” per definizione. C’è la consapevolezza delle variabili su cui si può intervenire. E poi c’è l’irriducibile libertà dell’educando, come direbbe Laporta]
12) Spero di averti aiutato e di averti fatto riflettere un po’, anche per il futuro. Un saluto da “questa collega in pensione”, Isabella Milani.
[Come vedi, Isabella, ho letto attentamente tutto quello che hai scritto. Mi dispiace che tu abbia trovato così offensivo lo stile del mio post. Terrò a mente i tuoi appunti, così come spero tu voglia prendere in considerazione i miei.]
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