2 aprile 2011. Giornata mondiale dell’autismo.

Posted on 2 aprile 2011

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L’Autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri (Baird et al., 2003; Berney, 2000; Szatmari, 2003). L’Autismo, pertanto, si configura come una disabilità “permanente” che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo.

Dalle Linee guida per l’autismo[pdf] del SINPIA

E’ qualche giorno che penso a cosa vorrei scrivere in questo post. Cambio sempre idea: le cose da scrivere sarebbero molte. Però non sempre le parole escono.

Da dove cominciare? Vediamo… Si potrebbe scrivere, in primo luogo, che l’autismo è una patologia per famiglie ricche e acculturate. La famiglia che vive l’esperienza di un figlio autistico, qualsiasi sia la sua gravità, in Italia è sostanzialmente SOLA, con i propri problemi esistenziali nonché le proprie capacità finanziarie e di discernimento circa la strada di recupero da intraprendere.

Spostarsi anche semplicemente da un’ASL all’altra della stessa città significa scoprire che quel po’ che ti dà il SSN non è detto che te lo dia ovunque e nella stessa maniera. Sempre parlando di struttura pubblica, puoi trovare quella che nel protocollo prevede la psicomotricità e la logopedia, quello con l’intervento “globale” con approccio cognitivo-comportamentale (con ben DUE sedute da 45 minuti a settimana, se il bambino è piccolo e la tua ASL non troppo satura) fino ad arrivare a quelli che definisco i “comportamentisti-hard” capaci di consigliare al genitore di picchiare selvaggiamente il figlio sulle mani per togliergli il “vizio” dello sfarfallio. Non inorridite: non è questione solo di “crudeltà” (i soggetti autistici e le loro famiglie ne hanno passate di ben altre) ma proprio di ignoranza… Tralascio, per carità di patria, quelle strutture accreditate che ti prescrivono gli antiepilettici di default anche se non ne hai bisogno, perché “migliorano l’apprendimento” °_°

Perché questa confusione? Perché, come potete leggere in questo documento [pdf],

le cause delle sindromi artistiche sono note per meno dei 20% dei casi e la ricerca non evidenzia progressi significativi…
E’ altresì dimostrata la presenza di criticità nel condividere un comune approccio all’autismo econseguentemente la difficoltà nel realizzare e mettere in atto modelli di presa in carico omogenei e basati sull’evidenza dei dati.

A tutto questo devi aggiungere la disperata ricerca di un coordinamento tra scuola-famiglia-ASL-medici_che_seguono_il_bambino per evitare che ognuno faccia (o non faccia) di testa sua con un effetto drammatico per tutti. Se sei un genitore tosto 😉 , in grado di dribblare i vari sciacalli che girano attorno al mondo dell’autismo con cure miracolose di vario tipo (vorrei sottolineare che anche l’iPad rientra nelle “cure” dell’autismo ma di questo parleremo in un altro momento) e di non commettere reati quando ti trovi davanti la disumanità di medici, assistenti sociali e compagnia bella, non ti resta altro che rimboccarti le maniche, studiare, capire e ristrutturare tutta la tua vita (e quella della tua famiglia) per far sì di creare un contesto adeguato allo sviluppo di quelle abilità sociali e comunicative necessarie a ridurre il deficit di tuo/a figlio/a. In altre parole, si potrebbe dire così:

Troppo spesso i genitori dei piccoli con Autismo sono costretti a rivolgersi a centri privati affinché i loro bambini possano beneficiare di programmi psico-educativi e abilitativi appropriati, accollandosene i costi. A dispetto della ratificazione da parte dell’Italia della Convenzione per i Diritti delle Persone con Disabilità e i conseguenti obblighi che ne derivano per gli Stati parti, giovani e adulti con Autismo non possono contare su alcuna forma di abilitazione sociale e lavorativa, formazione professionale e sostegno al di fuori delle cure parentali. Persino per i casi di Autismo ad alto funzionamento, non esistono percorsi di inserimento lavorativo, di vita indipendente e opportunità di svago. Troppo spesso, ormai, i genitori devono investire tutte le proprie risorse umane ed economiche e le loro “capacità imprenditoriali” per creare in privato per i loro figli esperienze di inserimento lavorativo e servizi abilitativi diurni o residenziali nella comunità, alternativi agli istituti, esponendo la famiglia all’ impoverimento e tutti i suoi membri al rischio di discriminazione per associazione e di esclusione sociale.

Il problema più grande, credo, sia proprio questa enorme responsabilità che grava sulla famiglia, consapevole di segnare il destino dei/l propri/o figli/o in una maniera o nell’altra. Si parla e si sparla di “presa in carico della famiglia” ma è solo argomento da convegni. In pratica è il vuoto pneumatico. La strada da fare è tanta.

Ci sarebbero altre considerazioni da fare ma penso che basti così. Riporto qui le mie slide relative all’intervento di Padova (qui il video di presentazione), perché rappresentano la sintesi delle varie piste di ricerca che – come docente e formatrice – mi piacerebbe continuare a sviluppare per i soggetti autistici e le loro famiglie. Come mamma non ho possibilità di smettere ma non sempre si ha la possibilità di sistematizzare il proprio lavoro e le proprie ricerche in maniera che siano fruibili anche da altri. Ma non demordiamo. 😉