Mentre qualcuno srotola carta igienica per urlare al mondo l’inesorabile smantellamento del sistema pubblico di istruzione, qualcun altro appende fiocchi rosa alla porta di un ministero (sembra che gli stranieri si siano fermati a fotografare questo inedito omaggio tutto italiota…) per la nascita della pargola che voci autorevoli dicono essere stata battezzata Emma in onore della principessa regnante di Confindustria.
‘Ed in effetti, la simpatica battuta ha in sè un certo fondo di verità per chi, come me, segue e studia da anni il disegno riformatore che – inesorabilmente – sta prendendo vita in maniera sempre più concreta sotto i nostri occhi.
Pochi hanno letto il visionario Libro Verde della Pubblica Istruzione, testimonianza e manifesto della riforma berlingueriana che, nei fatti, ha aperto la breccia che ha permesso alla Moratti (e a chi l’ha seguita) l’attualizzazione delle più fosche previsioni che, Calamandrei, delineò magistralmente nel 1950 al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale.
Se qualcuno se lo fosse perso, ho recuperato tramite la fantastica WayBack Machine il volantino del meeting del 7 dicembre 2000 di “Scuola libera!”, in cui è particolarmente interessante scorgere in calce – tra le firme di adesione agli obiettivi del movimento – anche quella dell’allora ministro Moratti. Anche in questo caso sembra non ci fosse conflitto d’interessi. Consiglio, in particolare, le considerazioni sul licenziamento degli insegnanti che, oggi, forse, sembrano molto meno peregrine di allora…
In questa lunga parabola, sembra quindi concretizzarsi quella trasformazione di un diritto in un servizio a domanda, di cui parla Marco Piemontese in un articolo utile soprattutto alle belle addormentate che ancora non riescono a vedere oltre il limite della loro cattedra.
L’introduzione del cosiddetto “maestro unico” prospetta una scuola che intende garantire il minimo – leggere, scrivere e far di conto – e che offre tutto il resto a pagamento come una qualsiasi altra “agenzia formativa” presente sul territorio. Il diritto allo studio viene ridimensionato e quel che non viene più offerto si trasforma in servizio a domanda. Vuoi l’inglese, i laboratori o il tempo pieno? Non ci sono problemi, basta pagare. Questo è ciò che accade nelle scuole private: paghi una retta base e poi tutti gli extra sono a parte.
Questa sì che è libertà! Però a qualcuno non dispiace, soprattutto se – come succede in Lombardia – l’80% delle risorse della scuola pubblica viene girato a favore dei bisognosi che frequentano le private (scarica il rapporto 2009 in formato pdf).
Ma- anche se nel manifesto Scuola libera! anche Confindustria era ben rappresentata – sembra però che la furia risparmiatrice riformatrice della neo-mamma e quella anti-pedagogica dei suoi zelanti teorici (primo fra tutti, il prof. Israel) stia andando in collisione anche con la più pragmatica vision degli industriali che all’Education ci tengono. 😉
E mentre sul blog di Marconato si scatenava “un serrato confronto” tra
Alessandro Marinelli seguace del pensiero e dell’azione di Israel, ideologo della così detta “riforma Gelmini” della scuola, “intellettuale” di riferimento della destra
e un nutrito gruppo di insegnanti… di altro pensiero [qui un riassunto della corposa discussione], Claudio Gentili (responsabile Education di Confindustria) ha accusato il nuovo vate dell’antipedagogia italiana di straparlare (°_°) e di voler tornare ai tempi in cui Berta filava (^_^), rinunciando alla più avanzate teorie della migliore ricerca pedagogica internazionale.
Il tutto ha provocato – si legge su Tuttoscuola – la furiosa reazione dell’esimio professore che ha ovviamente difeso Berta e il suo fuso, con grande imbarazzo di Max Bruschi, coordinatore della “cabina di regia”. Insomma, sembra che la scuola di stampo pre-unitario che ci stanno preparando non piaccia/serva neanche a Confindustria. Il che fa pensare…
😉
Update: sperando che il link si legga, qui il contrordine di scuderia dopo la fuga di notizie testimoniata da Tuttoscuola, a cui aveva già risposto il vate dell’antipedagogismo…
gianni marconato
12 aprile 2010
Bell’excursus e ottima documentazione linkata. Non posso accedere all’articolo di reazione dell’esimio in quanto non abbonato. Selo recuperi, lo condividi?
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Maria Grazia
12 aprile 2010
E’ strano… Se accedi dall’home page di Tuttoscuola si legge, mentre linkato no (io non sono abbonata, ovviamente…). Cmq il testo è questo:
“Israel straparla” è il non diplomatico (per non dire inelegante) ‘oggetto’ di una mail inviata da Claudio Gentili, responsabile dell’area Education di Confindustria, a una settantina di esperti, docenti universitari, giornalisti e policy makers, per contestare l’altrettanto non diplomatico commento che Giorgio Israel, noto docente di matematica della Sapienza di Roma, e stretto collaboratore del ministro sul tema della formazione iniziale dei docenti, aveva riservato a un suo articolo sulla bozza di Indicazioni dei licei, pubblicato lo scorso 7 aprile 2010 sul quotidiano online ilsussidiario.net.
Gentili aveva mosso alla bozza di Indicazioni una critica di fondo, osservando che “il limite più evidente di queste Indicazioni nazionali è immaginare che si possa tornare ai tempi in cui Berta filava e così superare la dilagante ignoranza dei ‘nativi digitali'”. Nel mirino di Gentili stava un certo ritorno al disciplinarismo e al nozionismo, al primato dei contenuti e delle conoscenze, che egli ravvisava nella bozza di Indicazioni, e che gli sembrava andare in direzione opposta a quella della “migliore ricerca pedagogica internazionale (che) tende sempre più a collegare discipline e competenze e a passare da una scuola della trasmissione delle conoscenze a una scuola che sviluppa l’apprendimento delle competenze”.
E’ proprio sul concetto di “competenza” che Israel lancia il suo attacco, sempre su ilsussidiario.net, due giorni dopo: “Già ai tempi di Berta si sapeva benissimo che una teoria che non si accompagni alla capacità di applicarla e svilupparla è frutto di pessimo insegnamento”, ma ai tempi di Berta “erano ignote competenze, abilità, autoformazione e altre chincaglierie mentali”, inventate dalla “fumosa dottrina metodologica dell’‘education'”, una dottrina “ormai simile a una scolastica tardo-medievale”. E allora a quei tempi, secondo Israel, è giusto tornare, come le Indicazioni si sforzano di fare.
Si sottrae alla polemica Max Bruschi, coordinatore della “Cabina di regia” che ha predisposto la bozza di Indicazioni, forse imbarazzato dall’impetuosa difesa che Israel ne fa, oltre che per una questione di stile. Bruschi si limita a far presente che il documento, pur avendo ricevuto un ampio consenso anche accademico, è aperto a tutti i contributi.
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iamarf
12 aprile 2010
Mi pare che non ci sia speranza.
Il governo si circonda di fantocci addestrati a percorrere le più immediate scorciatoie verso il consenso.
Se tu facessi un sondaggio al popolo italiano, sfortunatamente overschooled ma undereducated, Gelmini e Israel andrebbero alla grande …
In questa situazione, effettivamente, le voci più avvertite arrivano dal mondo dell’imprenditoria, anche, anzi soprattutto all’estero.
Credo davvero che non ci sia speranza che la scuola (tutta) si rinnovi, certamente non in Italia; poca speranza nel resto del mondo eccetto forse per pochissimi paesi dotati di un capitale sociale ben diverso, forse per noi inarrivabile.
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Maria Grazia
12 aprile 2010
Il mondo dell’imprenditoria è all’origine di questa combine e ha sempre pensato di uscirne vincitore, una volta liberatosi dell’egemonia della scuola pubblica e accaparratosi i pezzi migliori. Ciò che non avevano calcolato è che qui vogliamo tornare ad un modello così anacronistico da essere inutilizzabile anche per loro. Perché anche le punte d’eccellenza moriranno d’asfissia prima che il disegno sia compiuto…
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