“Una progettazione educativa che scaturisca dal principio del diritto allo studio e allo sviluppo, nella logica anche della costruzione di un progetto di vita che consente all’alunno di ‘avere un futuro’, non può che definirsi all’interno dei *Gruppi di lavoro*deputati a tal fine per legge. *L’istituzione di tali Gruppi in ogni istituzione scolastica è obbligatoria, non dipendendo dalla discrezionalità dell’autonomia funzionale*.”
Da: Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, 2009, p.14
Lo schema teorico che sto idealmente tenendo in questa serie di contributi sulla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, è articolato secondo uno schema che va dal macro (il contesto culturale e normativo di questa “rivoluzione” a livello sociale e istituzionale) al micro (il contesto classe), passando ovviamente per il medio, rappresentato dalla specificità del contesto in cui si opera.
La mappa la trovate su Mindomo [qui in versione html]
La Direttiva del 27 dicembre (e successiva circolare) trasformano il GLH di Istituto in Gruppo di lavoro per l’inclusione, estendendo le competenze di questo organo a tutte le tipologie di BES (Bisogni Educativi Speciali) e non solo a quelli che rientrano nell’ambito della L.104/1992 (che da diritto all’insegnante specializzato di sostegno), che ha introdotto questi gruppi con l’art. 15. In realtà, questa estensione non riguarda solo il livello di istituto ma anche gli altri gruppi a livello territoriale, rendendo quindi necessario capire di quanti e quali tipi di gruppi stiamo parlando e quali sono le loro funzioni.
Vi propongo, dunque, in prima battuta, una presentazione informativa sull’argomento, perché – quando esistono (non solo sulla carta) – i GLHI funzionano in maniera molto diversa da scuola a scuola. E se non si sa da dove si parte (e qual è la realtà specifica del nostro contesto di riferimento), sarà molto difficile capire dove si sta andando o almeno provarci. A seguire, qualche nota per stimolare la riflessione su qual è la cultura dell’integrazione/inclusione scolastica del nostro contesto lavorativo, testimoniata – in primo luogo – dalla maniera in cui vengono fatti funzionare questi gruppi…
soudaz
21 Maggio 2013
Reblogged this on Il Blog di Tino 2.0 Mah!.
"Mi piace""Mi piace"
valottof
22 Maggio 2013
Trovo interessante e utile questo tuo post, e volevo anche “ribloggarlo” visto che a livello locale pare vi siano forti problemi di “comprensione incrociata” tra scuola e genitori. Ma sfogliando la seconda presentazione mi sono imbattuto in una conclusione per me inattesa dopo 3 slides: problemi di visualizzazione mia, di caricamento o si tratta di un lavoro in itinere?
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
22 Maggio 2013
E’ inattesa perché sono slide che ho utilizzato in presenza, ribaltando la domanda all’uditorio… 🙂 Forse sarà il caso che lo specifichi dato che me l’hanno già chiesto (inoltre, non so perché slideshare mi ha duplicato l’ultima slide…).
"Mi piace""Mi piace"
valottof
22 Maggio 2013
Capisco, grazie. Peccato perchè ho avuto l’impressione che avrei scoperto qualcosa di utile e ci sono rimasto con un palmo di naso! 😉
Quanto alla duplicazione di slides non è la prima volta che la riscontro: penso (a logica: non ho mai usato la piattaforma) che possa dipendere dall’uso di animazioni: quello che su impress o powerpont appare come l’introduzione di un nuovo elemento attraverso un’animazione in slideshare diviene una doppia presentazione della stessa diapositiva
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
22 Maggio 2013
Ormai sono secoli che non uso animazioni nelle presentazioni… danno solo problemi quando “le porti” da qualche altra parte. 😉 Per quanto riguarda la domanda, l’ho lasciata così perché è dalla risposta che ognuno deve partire per cominciare a capire qual è la cultura dell’inclusione nella propria scuola 🙂
"Mi piace""Mi piace"
valottof
22 Maggio 2013
Ciò che dici è saggio ma forse eccessivamente ottimistico: implica il dare per scontato che VI SIA una qualche cultura dell’inclusione! Temo di aver riscontrato, almeno in alcuni casi, una visione piuttosto “burocratica” e strumentale dell’inclusione. Personalmente mi sto battendo per l’applicazione delle due circolari sui BES sentendomi di continuo rispondere che “non è possibile perchè non ci danno le risorse” e dunque è meglio pagare qualche operatore di una cooperativa (sottopagare: meglio!) che si limiti a fare opera di contenimento. SIGH!
"Mi piace""Mi piace"
Maria Grazia
22 Maggio 2013
Anche la mancanza di cultura è… cultura.
"Mi piace""Mi piace"
luigi1957
28 Maggio 2013
passare da integrazione ad inclusione apre una visione più dinamica del processo, volge lo sguardo all’aprirsi più che al rendere integro ciò che è rotto (visione prima dell’ICF), ma forse bisogna oltre muoversi verso accoglienza e adattamento reciproco sia della scuola (docenti) verso l’alunno con bisogni speciali, sia dell’allunno con BES verso la scuola … il problema penso non sia solo la mancanza di risorse e di cultura ma l’ingessamento della scuola che non sirompe … come personalizzare se l’ambiente in senso lato è volto allo standardizzare? praticamente personalizzare vuol dire uscire dalla rigidità sia dei docenti, ma anche del sistema scuola … l’acqua può sciogliere il gesso se qualcuno “rimena” il contenitore … ma non può sciogleire il cemeneto armato: forse può fare breccia perchè la diga si sgretoli e torni a scorrere il fiume …
"Mi piace""Mi piace"