I tentativi di pensare e cambiare la scuola risultano inadeguati finché si cristallizzano su posizioni unilaterali e semplicistiche: il cognitivismo assoluto cieco nei confronti della dimensione affettiva, erotica e desiderante dei soggetti che abitano la scuola; il didattismo docimologico che riduce l’insegnamento a una pratica misurabile sul piano dei profitti e dei risultati; il contenutismo che vede il problema in ciò che viene insegnato; lo scolasticismo che propone la scolarizzazione della vita, e l’opposta illusione della descolarizzazione, che crede di poter liberare l’umanità dal giogo oppressivo dell’istituzione scolastica senza immaginare alternative praticabili, e così via.
Occorre piuttosto partire dai sintomi di sofferenza e frustrazione che accompagnano l’esperienza scolastica e cercare di risalire allo strato rimosso che essi indicano. Per comprendere le patologie della scuola non basta soffermarsi su uno degli aspetti che la caratterizzano, bisogna tentare di focalizzare la scuola come un dispositivo strutturale, un campo esperienziale…
criszac68
12 luglio 2015
Maria Grazia, buonasera. Spero che stavolta vada in porto questo mio tentativo di scriverti considerazioni di plauso come avevo già tentato qualche giorno fa, ma a causa della mia “ruggine” con il sistema blog – diciamo così -, tutto il mio elogio è finito disperso nel nulla…
Sì, mi sento di complimentarmi con te non solo per la costanza delle tue pubblicazioni, ma in primo luogo per i contenuti che riporti e lo spirito da cui sono permeati, quello di chi crede e si adopera quotidianamente affinché la scuola pubblica non sia semplicemente un titolo. E di questi tempi, in cui invece le si dà addosso volendola stravolgere nel suo impianto collaborativo per inserire dubbie meritocrazie in chiaro odor aziendalista, il lavoro prezioso di insegnanti come te si staglia, infonde coraggio e suscita quegli stimoli qualitativamente potenti di cui c’è bisogno.
Ho letto praticamente tutti i tuoi post; ammirevole il percorso che stai intraprendendo sui pittogrammi, per me sconosciuto e molto interessante. E quest’ultimo consiglio di lettura, con il commento tratto dalla rivista, è davvero sollecitante di un dibattito che se non viene mantenuto aperto e vivo da quelle/quei poche/i che ci credono, rischia di diventare pura testimonianza, dato che la logica dell’efficientismo e del produttivismo finirà con l’estendersi anche tra le fila del corpo docente per essere meritevole di buoni voti per una “Buona scuola”….
Ti dirò di più…tutto il tuo fervente lavoro sul blog mi sta stuzzicando parecchio come spinta a riattivare il mio “vecchio” blog aperto ai tempi del corso col mitico prof Andres e poi rimasto “immoto” per tutto questo tempo, non certo per apatia o per avversione ideologica, ma perché come dicevo prima, credere nella scuola “buona” comporta un grande investimento di tempo ed energie. Vediamo, intanto si fa strada l’idea…
Prendo commiato ringraziandoti di nuovo in attesa del tuo prossimo post, Cristina Z.-Pontedera (Pi)
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Maria Grazia
15 luglio 2015
Grazie Cristina 🙂
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